Terre e rocce da scavo

Terre e rocce da scavo

NORMATIVA IN MATERIA

DI TUTELA DELL’AMBIENTE

(definizione di modelli operativi attraverso l’analisi di casi di studio)

Commenti dell’autore;

 

Nonostante sé ne parli da diversi anni, la gestione delle terre e rocce di scavo, ancora non ha trovato una sua razionale definizione intesa questa quale modalità di gestione da ritenersi corretta.

Si pensi all’emanazione del D.M. 10 agosto 2012 n. 161, il quale ebbe la fama di sconvolgere, letteralmente, la vita delle Aziende impegnate nelle attività di movimento terra e rocce da scavo, attività di costruzione in generale, realizzazione di infrastrutture ed altre similari, ancora oggi ci sono situazioni in cui gli operatori incorrono in violazioni, peraltro aventi rilevanza penale.

Con questo documento ho pensato, senza presunzione, a voler offrire agli operatori di questo settore produttivo, alcuni suggerimenti che hanno, come finalità, l’intento di chiarirne alcuni aspetti fondamentali nella gestione delle terre e rocce da scavo.

 

Procedendo per gradi, innanzitutto, vanno verificate l’esistenza delle condizioni stabilite dall’art. 184-bis del D. Lgs. 152/06, relativamente alla definizione di “sottoprodotto”, più precisamente:

  1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
  2. a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  3. b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  4. c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  5. d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
  6. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

 

Tuttavia si rammenta, a coloro che avranno la volontà di voler leggere la presente illustrazione, che ci sono casi in cui la normativa vigente in materia di gestione dei rifiuti (vgs. art. 185 del D. Lgs. 152/06), ha escluso dall’applicazione della medesima, nonché dal D.P.R. 120/2017, alcune terre e rocce; in particolare, sono state escluse dall’ambito di applicazione della Parte quarta del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152:

  1. …omissis…

c)il suolo non contaminato è altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;

  1. d) …omissis…

Oltre a quelle sopra indicate è escluso, dall’ambito dell’applicazione normativa anzidetta, anche il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzato in siti diversi da quelli in cui è stato escavato, il quale dovrà essere valutato ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.

 

Avanzando nell’analisi teorica della problematica, l’articolato del D.P.R. 120/2017 verrà sezionato in tre parti:

  1. (impianti di produzione di piccole dimensioni);
  2. (impianti di produzione di grandi dimensioni autorizzati con Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e sottoposti alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA);
  3. (impianti di produzione di grandi dimensioni non autorizzati con Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e non sottoposti alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).

Fatto ciò verranno estrapolati gli articoli di riferimento della prima, della seconda e della terza ipotesi in modo da creare tre modalità operative separate. Ciò al fine di favorirne una rapida lettura ed uso, specifico, da parte degli operatori interessati.

Perché questa separazione? Perché il Legislatore ha inteso concedere delle semplificazioni mediante l’avvalimento di autocertificazioni fissando, nel contempo, dei termini temporali che dovranno intercorrere fra la presentazione della relativa documentazione alle Autorità competenti e l’inizio delle operazioni di produzione e scavo:

  1. 15 (quindici) giorni per quanto riguarda gli impianti con produzioni di piccole dimensioni;
  2. 90 (novanta) giorni per quanto riguarda gli impianti con produzione di grandi dimensioni sottoposti a VIA e ad AIA;
  3. 90 (novanta) giorni per quanto riguarda gli impianti con produzione di grandi dimensioni non assoggettati a VIA e/o AIA.

Atteso che la normativa di riferimento, facente parte delle cosiddette “norme tecniche di attuazione” di una Legge speciale, giacché il Decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017 n. 120, è collegata all’ ex art. 184-bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152, un altro aspetto di non poco conto, a livello normativo, è costituito dalla spiegazione ufficiale della definizione di: “normale pratica industriale” in questa fattispecie di attività.

  • Impianti di produzione di piccole dimensioni;

 

  • cantieri con volumetrie inferiori o uguali a 6.000 m3

 

Secondo quanto stabilito dall’art. 21 del D.P.R. 120/2017, la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 4, è attestata dal produttore, tramite una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’art. 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con la trasmissione, anche solo in via telematica, almeno 15 (quindici) giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo, del modulo di cui all’allegato 6, al Comune del luogo di produzione e all’Agenzia di Protezione Ambientale (ARPA) territorialmente competente.

Nella dichiarazione il produttore indica le quantità di terre e rocce da scavo destinate al riutilizzo come sottoprodotti, l’eventuale sito di deposito intermedio, il sito di destinazione, gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere e i tempi previsti per l’utilizzo; questi non possono comunque, superare un anno dalla data di produzione, salvo il caso in cui l’opera nella quale le terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti sono destinate ad essere utilizzate, preveda un termine di esecuzione superiore.

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, assolve la funzione del piano di utilizzo di cui all’art. 2, comma 1, lett. f).

L’Autorità competente, qualora accerti l’assenza dei requisiti di cui all’art. 4, o delle circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili di cui ai commi 3 e 4, dispone il divieto d’inizio ovvero di prosecuzione delle attività di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

 

  • Impianti di produzione di grandi dimensioni;
  • Impianti di grandi dimensioni ovvero impianti assoggettati ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) o a Valutazione Integrata Ambientale (VIA);

 

  • cantieri con volumetrie superiori a 6.000 m3.

 

Le terre e rocce da scavo generate in cantieri di grandi dimensioni, sottoposti a VIA o AIA, come definiti nell’articolo 2, comma 1, lettera u), per essere qualificate sottoprodotti devono rispettare i requisiti di cui all’articolo 4, nonché i requisiti ambientali indicati nell’articolo 20.

Il produttore attesta, tramite una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’art. 47 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il rispetto dei requisiti richiesti mediante la predisposizione e la trasmissione della dichiarazione di cui all’articolo 21 secondo le procedure e le modalità indicate negli articoli 20 e 21.

Il Piano di utilizzo deve essere presentato prima della conclusione del procedimento.

Nella fase di predisposizione del Piano di Utilizzo, il proponente può chiedere all’Agenzia di protezione ambientale competente o ai soggetti individuati alla validazione preliminare dal decreto di cui all’art. 13, comma 2, di eseguire verifiche istruttorie tecniche e amministrative finalizzate alla validazione preliminare del piano di utilizzo. In caso di validazione preliminare del piano di utilizzo, i termini del comma 4, sono ridotti della metà (45 giorni).

 

  • Impianti di produzione di grandi dimensioni non assoggettati a V.I.A. e/o A.I.A.;

 

  • cantieri con volumetrie superiori a 6.000 m3 nonsottoposti a V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) e non autorizzati in A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Schema di Riepilogo sulle attività di gestione delle terre e rocce da scavo.